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Naming: scrittura e identità. Piacere, Steampink
Quando ero bambina tutti i miei compagni di scuola e tutti i miei amici desideravano avere un nome diverso da quello che i genitori avevano scelto per loro.
Facevano a gara e giocavano a chi aveva il nome del personaggio più bello:
“Voglio chiamarmi Batman!”; “Io Giglio Tigrato!”; “Io sono Slimer!”. Io invece, con un po’ di imbarazzo, dichiaravo che mi sarebbe andato bene “Sara”. O un qualunque altro nome normale.
Sì, perché i miei genitori scelsero per me un nome insolito, che attirasse l’attenzione, facile da ricordare e decisamente evocativo: Primavera.
Insomma, tutte le caratteristiche di un buon naming.
Se per tanti anni mi sono un po’ vergognata di portare un nome così “pretenzioso”, da grande ho finalmente capito che:
- Un nome è per sempre. Per cui, meglio farci pace.
- Un nome originale ti distingue immediatamente in mezzo a una folla di nomi tutti uguali.
Un nome, volente o nolente, partecipa alla costruzione della tua identità: la rispecchia e, al tempo stesso, la crea.
Copywriter: il mestiere di nominare le cose
La prima volta che ho dovuto trovare un naming, ovvero nominare qualcosa per lavoro è stata un’emozione difficile da descrivere: mi sembrava di dare forma a qualcosa di vivo, come fa un illustratore quando traccia i contorni del proprio personaggio che poi andrà a inchiostrare, o come una madre che, guardando il volto della propria creatura, capisce quale sarà il nome che la accompagnerà per tutta la sua vita: la prima cosa che dirà quando si presenterà alle altre persone, la prima cosa che imparerà a scrivere, imprimendo la propria identità sul foglio con una matita.
Mi viene in mente uno degli insegnamenti più illuminanti appreso durante un corso di scrittura (si trattava, nello specifico, di un corso di scrittura drammaturgica che però mi è tornato utile per ogni tipo di scrittura, da quella per il teatro alla scrittura per il web) : attenzione al nome che darete al vostro personaggio. Sceglietene uno che sia credibile, coerente con la sua storia, accattivante.
Affrontando la questione del nome del personaggio in drammaturgia, ho capito alcune cose che mi sarebbero poi servite nell’ambito del copywriting: anche se per la Giulietta di Shakespeare “Quello che noi chiamiamo col nome di rosa, anche chiamato con un nome diverso , conserverebbe ugualmente il suo dolce profumo”, per Albert Camus “Nominare male le cose, è partecipare all’infelicità del mondo.”!
Ogni nome delinea un carattere: a ciascuno la propria
storia
Nella scelta del naming per un software, un negozio o un’associazione culturale mi sono sempre sentita alle prese con una nuova storia: immaginavo il negozio di frutta e verdura presentarsi:
“Ciao, mi chiamo Da Demetra, e ho delle squisite primizie di stagione per te!”, o il software gestionale per aziende: “Piacere, sono Wapiti. Ti aiuterò a risparmiare la metà del tempo mentre lavori al tuo sito web” o ancora i gestori di un circolo culturale: “Ciao, siamo L’interno 5. E da noi potrai passare le tue serate tra amici, a sentire musica diversa dal solito, davanti a un ottimo vino rosso. Vieni a trovarci?”.
Ho immaginato dialoghi, conversazioni, passaparola “Ehi! Ma tu conosci Demetra? L’altro giorno mi ha dato del basilico che era la fine del mondo!” “Vorrei proprio presentarti Interno 5. Non ci si annoia mai da loro”.
Anche se solo con la fantasia, ho inserito questi posti, servizi e prodotti in un contesto di relazione, come fossero dei personaggi umani. È stato divertente, ed è stato, per dirla all’inglese, challenging.
Perché per scegliere un buon naming è necessario trovare qualcosa di:
- corto – perché un nome va ricordato
- originale – per evitare l’effetto del “già sentito”: Hotel Miramare, Pizzeria Bella Napoli
- con un bel suono scorrevole – niente di peggio che inciampare sulle consonanti
- pertinente (eh, no, un negozio di frutta e verdura biologica non può chiamarsi Batman, per quanto si tratti di un personaggio meraviglioso)
- evocativo (Batman è affascinante, ma comprereste i vostri ortaggi da un pipistrello, in un luogo oscuro e sottoterra?)
Identità: e io, chi sono?
Tutto questo accade mentre cerchi dei nomi per qualcos’altro, qualcosa o qualcuno che non sia tu.
E qui viene il bello. Ho pensato e ripensato a come presentarmi, a come chiamare un blog: il mio. Doveva avere tutte le caratteristiche sopra elencate e doveva parlare di ME. Aiuto. Non c’è cosa più difficile che parlare di sé stessi.
Non volevo più fare come facevo da bambina: pronunciare il mio nome alla svelta, per la paura che qualcuno lo capisse e ne ridesse. No, volevo un nome di cui essere felice e perfino orgogliosa. Qualcosa che potesse raccontare una storia.
Così è nato SteamPink; all’inizio ho avuto dei dubbi: troppo retrò? Troppo “punk”? Troppo femminista? Troppo sdolcinato?
Può darsi. Ma di una cosa ero certa, anzi, due:
Non era stato usato da nessun altro.
Ero io. Decisamente io, dalla S alla K.
Questo spazio nasce per raccontare del mio lavoro come autrice e copywriter: dell’amore per le parole e della voglia di giocarci, smontarle, metterle al servizio di un’idea.
Per cui, benvenuti: piacere, SteamPink.